Sono state date diverse definizioni di intelligenza emotiva. La teoria originale è stata sviluppata nel 1990 da due psicologi americani, Peter Salovey e John Mayer, che l’hanno descritta come la capacità appresa di percepire, comprendere ed esprimere esattamente i sentimenti e di controllare le emozioni in modo che lavorino per noi, non contro di noi.
Riguarda quindi: sapere cosa si prova e cosa provano gli altri, e cosa farne; sapere cos’è piacevole e cosa spiacevole, e come passare dallo spiacevole al piacevole; possedere consapevolezza emotiva, sensibilità e quelle capacità che ci permettono di restare positivi e massimizzare felicità e benessere a lungo termine.
Margaret Chapman ha sviluppato un modello in cinque step verso l’intelligenza emotiva secondo il quale per poterla acquisire occorre sviluppare intelligenza intrapersonale e interpersonale.
L’intelligenza intrapersonale è l’intelligenza interna che usiamo per conoscere, capire e motivare noi stessi. Le capacità di base sono: consapevolezza del sé, gestione delle emozioni, auto motivazione. L’intelligenza interpersonale invece è quella esterna che usiamo per leggere, sentire, capire e gestire le relazioni con gli altri. Si compone di due fattori: gestione della relazione e coaching emotivo. Ognuna di queste cinque capacità di base rappresentano un passo per avvicinarvi all’obiettivo dell’intelligenza emotiva.
La consapevolezza di sé è la capacità di vederci con i nostri occhi, di essere consapevoli di obiettivi, credenze, valori, impulsi motivanti, regole di vita e l’impatto che tutto questo ha sulle nostre azioni e sulla nostra mappa del mondo. Spesso alcuni impulsi interni sono nascosti a noi stessi. L’intelligenza emotiva ci permette di accedere per sintonizzarci sulle nostre risposte e a identificare i punti caldi, quelle credenze e quei valori di fondo che, se sono toccati, evocano la reazione di lotta o fuga, scatenano un’emozione e ci spingono all’azione, nel bene o nel male.
La gestione delle emozioni efficace riguarda invece sapere controllare i comportamenti improduttivi che non ci portano da nessuna parte. Può essere una soddisfazione ad esempio sconfiggere un collega o un cliente difficile nella gara a chi grida più forte, ma è un vantaggio transitorio, di breve durata. Inoltre queste botte adrenaliniche non fanno bene alla salute! Occorre quindi capire il nesso fra la nostra interpretazione di un evento e le reazioni che lo stesso suscita; questo consente di scegliere un modo alternativo per vivere e sentire lo stesso evento. Ad esempio tenere un diario di sentimenti e sensazioni può aiutare a individuare l’interazione tra pensieri, sentimenti, azioni. Vi sono alcune tecniche che possono aiutarvi quando vi accorgete che state entrando in ansia o vi state arrabbiando, oppure quando siete preoccupati per una prova che vi aspetta: la tecnica “scaccia preoccupazioni”, la tecnica del “fermo immagine”, e così via.
L’auto motivazione riguarda invece l’essere orientati verso uno scopo, essere auto motivati significa perseguire i nostri obiettivi con impegno, passione, energia e perseveranza. Per raggiungere alti livelli di motivazione e superare gli ostacoli rendendo al meglio è necessario essere in grado di gestire i nostri stati interni, imbrigliare le emozioni e incanalarle in una direzione che ci permetta di realizzare gli obiettivi.
Nell’area dell’intelligenza interpersonale il primo step verso l’intelligenza emotiva è la gestione della relazione. Le relazioni con gli altri sono decisive per la crescita e lo sviluppo personali. Abbiamo diversi tipi di relazione: legami personali, di amicizia, rapporti con i colleghi di lavoro. Le ragioni per cui ci incontriamo con gli altri sono le più svariate: per compagnia, senso di appartenenza, creazione di un sistema di sostegno, costruzione della propria identità, sviluppo personale, amore, senso di comunanza di scopi, sviluppo di uno spirito di squadra e così via. Spesso le relazioni falliscono perché le aspettative sono irrealistiche o per mancanza di empatia, per dipendenza/codipendenza, incapacità di affermare i propri bisogni, cattiva comunicazione, strategie inefficaci per la risoluzione dei conflitti, differenze di personalità. Ciò che crea una relazione efficace sono la reciprocità, l’ascolto dinamico o attivo, la continuità, la fiducia, l’impegno nello scambio. Il modo in cui gli altri ci trattano rispecchia il modo in cui trattiamo noi stessi.
Le relazioni non si formano fuori, ma dentro di noi.
Il quinto e ultimo step verso l’intelligenza emotiva è il coaching emotivo. Ciò significa essere in grado di aiutare anche gli altri a: sviluppare le loro capacità emotive, chiarire le divergenze, risolvere i problemi, comunicare efficacemente, essere motivati. Come dice Goleman ”per le posizioni di vertice le doti di intelligenza emotiva spiegano l’85% di ciò che distingue dalla media i manager di eccellenza”.